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Alessandro Giacchino

Alessandro Giacchino

CEO di BCI Italia, Direttore di Toolnews & ITware

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Classe 1956, laurea in ingegneria al politecnico di Milano, diploma Master CBS alla Bocconi, ha lavorato in IBM, Gruppo Fininvest, Gruppo Olivetti dove si è occupato di marketing, ha avviato e diretto alcune società tutte nell’area delle nuove tecnologie.

Nel 1993 ha fondato Business Consulting International Italia (BCI Italia) Srl, società di servizi che tuttora gestisce, attraverso la quale ha partecipato a tre operazioni di quotazione in Borsa nel Nuovo Mercato, ha contribuito alla start-up di varie società e filiali nazionali di aziende multinazionali, ed al lancio di vari prodotti sul mercato.

Dirige il mensile di consulenza nell’area informatica Toolnews, ha avviato ITware.com, uno dei primi portali italiani dedicato alle soluzioni IT per le imprese, e tiene regolarmente conferenze sulle nuove tecnologie del mondo 2.0 e sul Digital Marketng.

Ha anche pubblicato il volume Fare Impresa nell'Era 2.0, uno dei primi testi ad apparire contemporaneamente in formato cartaceo e di eBook, dove ha tratteggiato i cambiamenti strutturali delle imprese alla luce delle nuove tecnologie.

 

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Intelligenza Artificiale vs Intelligenza Emotiva: alternative o complementari? - Parte 2

L’intelligenza emotiva con l’intelligenza artificiale ha solo la parte iniziale parte del nome, mentre ne è profondamente diversa per finalità, dinamiche e contesti.

Intelligenza EmotivaNella prima parte di questo post ci siamo concentrati sull’intelligenza artificiale e sul contributo che alcune sue applicazioni particolarmente avanzate, tipo ChatGPT, può fornire alla qualità della vita e del lavoro. In questa seconda parte esaminiamo invece l’intelligenza emotiva che con l’intelligenza artificiale ha solo la parte iniziale parte del nome, mentre cambiano finalità, dinamiche e contesti.

Nell’intelligenza emotiva, l’intelligenza artificiale è impotente!

Come ben sottolineato nella prima parte di questo post, l’intelligenza artificiale e applicazioni quali ChatGPT sono essenzialmente degli strumenti. Molto utili per svolgere compiti, ma al servizio dell’uomo che li impiega in operazioni più o meno specifiche, sebbene talvolta in modo approssimativo o, peggio, non corretto. Questo perché tra avere un risultato sbagliato e non avere un risultato è molto meglio avere il secondo per non prendere delle decisioni affrettate che posso rivelarsi estremamente dannose, quando invece servirebbero maggiori approfondimenti.

Per contro, l’intelligenza emotiva opera in un contesto totalmente diverso essendo mirata a regolare soprattutto i rapporti tra persone, specie se appartenenti ad una stessa organizzazione, società o contesto sociale. E qui, l’intelligenza artificiale è assolutamente impotente e probabilmente lo sarà sempre. Ovvero, va bene disporre di risposte di qualità e in tempi rapidi, ma chi conta è chi fa le domande, mentre tra i rapporti collaborativi o sociali intervengono altri elementi quali la sensibilità, la percezione del detto e del non detto, le condizioni al contorno, i fattori culturali e così via.

Intelligenza emotiva: cos’è

In estrema sintesi, l'intelligenza emotiva è la capacità di percepire, comprendere e gestire le proprie emozioni, ma anche quella di rilevare, rispettare e influenzare le emozioni dei propri interlocutori. Per tale ragione, l'intelligenza emotiva risulta fondamentale per creare e sviluppare ogni tipo di relazione, tanto familiare o affettiva, quanto lavorativa. Specie oggi che i rapporti gerarchici vengono sempre più spesso sostituiti da rapporti paritetici con il reciproco rispetto di competenze e personalità la capacità di agire seguendo i criteri dell’intelligenza emotiva diventa fondamentale per avere successo sia a livello lavorativo sia nella gestione di qualsiasi tipo di interazione con gli altri.

In alcune persone, l'intelligenza emotiva è innata sebbene possa essere costantemente sviluppata e migliorata, mentre in altri non è naturale per cui diventa indispensabile studiarla ed esercitarla sia attraverso corsi appositi, sia sforzandosi di comprenderne i meccanismi basilari.

Stando agli studi condotti negli anni ‘90 dal psicoterapeuta Daniel Goleman gli ingredienti di base dell’intelligenza emotiva sono cinque:

  1. Self-awareness (autoconsapevolezza): è la capacità di percepire le emozioni e i fattori che le scatenano. Avere la piena consapevolezza dei propri sentimenti aiuta a capire come gli altri possono vivere le nostre emozioni. Riconoscere quando ci si sente in preda all’ansia o alla rabbia aiuta ad affrontare questi stati d’animo e a condividerli in modo consapevole e positivo con gli altri, riuscendo a comprendere come gli altri possono percepire i nostri comportamenti e le nostre parole. Saper adeguare il proprio modo di comunicare in funzione dei destinatari ai quali ci si rivolge costituisce un elemento basilare dell'intelligenza emotiva. In questo, avere dei riscontri diretti costituisce un modo cruciale per entrare in sintonia con i propri interlocutori.
  2. Self-regulation (autocontrollo): è la capacità di controllare e gestire le emozioni ricavandone effetti positivi. Avere il controllo dei propri sentimenti è essenziale in qualsiasi situazione, perché i propri stati d’animo finiscono per condizionare notevolmente le altre persone che ci circondano.
  3. Motivazione: avere delle forti motivazioni spinge a compiere delle azioni capaci di condizionare i sentimenti e le percezioni dei nostri interlocutori. Per esempio, puntare con estrema convinzione a raggiungere un determinato risultato può trasmettere a tutti gli altri la percezione di poterlo conseguire e quindi coglierlo, anche al di là di qualsiasi opinione inizialmente contraria.
  4. Empatia: è la capacità di sintonizzarsi con i sentimenti delle altre persone, stabilendovi un contatto interiore che va ben oltre i gesti esteriori. Cogliere alcuni particolari e farvi leva per entrare in armonia con lo stato d’animo degli altri è la chiave per trarne il meglio e stabilire un fantastico clima di collaborazione e comprensione reciproca. Un modo efficace per sviluppare l’empatia con gli altri consiste nell’immaginarsi nella loro posizione e pensare di vivere l’interazione a parti invertite, acquisendone il loro punto di vista.
  5. Social skills (Competenze nella gestione delle relazioni sociali): si tratta di possedere e saper utilizzare al meglio gli strumenti per comunicare e interagire con altre persone. Non si tratta di strumenti digitali, ma della propria vista con la quale osservare le azioni, la postura, i movimenti, la luce negli occhi dei propri interlocutori, le orecchie per ascoltarne attentamente le parole dette – nei toni e nei termini – ma anche e soprattutto quelle non dette, la capacità di cogliere i ritmi delle conversazioni, fatti di pause e di accelerazioni, non solo di flussi omogenei di parole e azioni. Saper interpretare correttamente sia la comunicazione verbale sia quella non verbale è indispensabile per stabilire un buon rapporto con gli altri, ma è altrettanto importante dedicare il giusto tempo all’ascolto e alle interazioni senza pressioni né la fretta che spesso permea i comportamenti attuali. In sostanza, meglio fare domande che danno all’interlocutore la sensazione di essere ascoltato che non subirne passivamente le parole, magari guardando l’orologio, il cellulare o il computer.

A questo punto, una domanda diventa d’obbligo: è in grado un computer, con o senza intelligenza artificiale, di comprendere e gestire questi cinque elementi? Lo sarà mai?

Il valore dell’intelligenza emotiva

L’intelligenza emotiva ha poco a che fare con la tecnologia e non va confusa con l'intelligenza razionale che si può assimilare alle capacità di seguire ragionamenti logici. L’intelligenza emotiva riguarda il modo in cui i fatti e il ragionamento sono applicati, quindi attiene principalmente al comportamento degli esseri umani guidato dalle loro sensibilità, percezioni, capacità andando ben oltre le specifiche competenze tecniche.

In una società sempre più complessa nella quale svettano le specializzazioni, la vera chiave del successo non sta nelle individualità, ma nelle capacità di creare e gestire un gruppo di lavoro, creando un clima positivo nel quale tutti diventano orgogliosi di fornire i propri contributi. Il “capo” perde quindi pressoché ogni potere di tipo dirigistico, assumendo un ruolo più simile a quello di allenatore di squadre vincenti, in grado di trarre il meglio dai propri collaboratori, di motivarli, di renderli orgogliosi dei risultati raggiunti a livello di gruppo, stemperando tensioni, percependo e superando ogni difficoltà di tipo individuale o sociale, comprese quelle provenienti da ambienti diversi da quello lavorativo. E, viceversa, la stessa cosa deve accadere nei contesti familiari e sociali.

Bisogna tuttavia sottolineare che l'intelligenza emotiva e quella razionale non sono in contrapposizione, né una esclude l’altra, mentre sono di fatto complementari, con la prima oggi considerata persino più rilevante sia nei contesti lavorativi, sia in quelli sociali, mentre nel passato veniva presa in considerazione la seconda, specialmente nei quiz di valutazione dell’IQ. Cosa che sta portando anche a modificare i processi di selezione del personale, specie per tutti i ruoli di tipo dirigenziale.

A tal proposito, è interessante notare che una ricerca pubblicata all’inizio del 2023 dalla Emory University sugli elementi premianti per essere manager di successo, pone al primo posto la capacità di gestire attraverso la collaborazione e al secondo l’intelligenza emotiva indispensabile proprio per creare l’armonia indispensabile per avere positive relazioni con tutti gli esseri umani. Una ricerca sulla quale tornerò in un prossimo post dedicata proprio alle capacità manageriali richieste per il futuro che converrà studiare e approfondire da parte di chiunque voglia avere successo nella propria professione.

Un aspetto non intuitivamente percepibile ma rilevato da varie indagini è che al di là dei vantaggi conseguibili nelle relazioni interpersonali, gli individui con elevata intelligenza emotiva tendono ad essere più soddisfatti del proprio lavoro e ad avere prestazioni migliori rispetto a quelli con bassa intelligenza emotiva. Con la conseguenza che normalmente ricevono maggiori gratificazioni e fanno più carriera dei loro colleghi. Questo perché le persone con elevata intelligenza emotiva sono più predisposte a lavorare bene con gli altri, in quanto risultano più empatiche, capaci di ascoltare, di cooperare e di risolvere gli attriti e i conflitti che possono sorgere nella normale conduzione delle attività. Per di più, riescono a influenzare positivamente gli altri, motivandoli e coinvolgendoli.

Come accrescere la propria intelligenza emotiva

Così come è in parte possibile accrescere la propria intelligenza razionale, stimolandola attraverso esercizi mirati tipo quiz di logica, di geometria o di matematica, in modo analogo si può sviluppare anche la propria intelligenza emotiva.

Il punto di partenza sta nella capacità di non negare i propri stati d’animo, che sono insiti nel carattere umano di ciascuno di noi, ma di imparare a riconoscerli e, senza avere la pretesa di eliminarne gli eventi scatenanti, di riuscire a controllare le proprie reazioni, specie nei confronti degli altri che ci circondano. Questo implica la capacità di non farsi invadere dalla negatività, considerando ogni problema come una sfida da superare per raggiungere traguardi più elevati, da soli o in collaborazione con gli altri. Per tale ragione bisogna imparare a riconoscere e circondarsi di persone positive che possono contribuire a migliorare i propri stati d’animo.

Ci sono poi alcune tecniche e alcuni trucchi che possono aiutare a migliorare la propria intelligenza emotiva. In questo caso si tratta di agire sugli elementi che la compongono. Ad esempio, se non si è dotati di capacità in grado di creare in modo naturale un buon livello di empatia con gli altri, ci si può forzare ad ascoltarli con più attenzione, ad esempio prendendo appunti quando ci si parla, provando a capire perché il nostro interlocutore ci sta parlando in quel modo o di quell’argomento, immaginando come ci comporteremmo se fossimo al suo posto, utilizzando la gestualità e la postura per ridurre le distanze fisiche esistenti nel corso del colloquio.

Si può agire quindi su vari fronti: imparare a comunicare con chiarezza, ma sempre senza urtare la sensibilità degli interlocutori, sincerandosi costantemente di come vengono percepite le proprie parole chiedendone riscontri e opinioni.

Si possono stemperare i propri impulsi a reagire immediatamente agli eventi prendendo qualche respiro profondo, alzandosi per aprire una finestra o spostare un soprammobile, afferrando qualche oggetto con le mani così da stemperare la tensione. Tutte azioni che contribuiscono a riconoscere i propri stati d’animo e a controllarli prima di intraprendere delle azioni poco meditate, non utili agli scopi che si dovrebbero perseguire o, peggio, offensive nei riguardi dei propri interlocutori.

In questi casi, può anche essere utile confrontarsi con qualcuno non implicato nella vicenda che si sta affrontando, chiedendone opinione: la sola azione di illustrare la situazione può servire a viverla con minore coinvolgimento emotivo, a tutto vantaggio della lucidità con la quale si potrà decidere di procedere in seguito.

Da ultimo, tenendo ben presente che a differenza che negli allenamenti sportivi, fatti di sedute periodiche e di routine, gli esercizi per migliorare la propria intelligenza emotiva debbono divenire parte abituale dei propri comportamenti quotidiani, ci sono due passi molto convenienti da compiere. Il primo consiste nel ripercorrere le situazioni vissute di recente, analizzandone in modo critico, domandandosi se si ritiene di aver operato nel modo migliore e come sarebbero cambiate le cose se si fosse agito diversamente. Il secondo, strettamente connesso al primo, sta nel prendersi quotidianamente, o quasi, una decina di minuti da dedicare alla meditazione. In modo rilassato e senza pressione del tempo, la meditazione aiuta a rasserenare la mente e a staccarsi dallo stress, uno dei mali più deleteri che minano l’intelligenza emotiva.

Intelligenza Artificiale o Intelligenza Emotiva?

In conclusione, abbiamo capito che l’intelligenza artificiale è e rimane uno strumento che se messo nelle mani giuste è in grado fornire un contributo determinante nel miglioramento dei risultati ottenibili nel proprio lavoro e nella riduzione dei tempi per raggiungerli. Fondamentale imparare ad usarla nel modo e nei contesti giusti. Per contro, l’intelligenza emotiva è un “attributo” di management, cruciale per guidare i gruppi di lavoro, per interagire con clienti e fornitori, ma anche per migliorare i propri rapporti sociali e familiari.

Non per niente, l'indagine "Future of Jobs Survey 2020" del Forum economico mondiale considera l'intelligenza emotiva una delle competenze primarie sulle quali le imprese dovranno investire per avere successo e continuare ad averne da qui al 2025 e oltre. Di conseguenza, la valutazione dell’intelligenza emotiva sta già divenendo un fattore discriminante nei processi di selezione del personale, specie per quello destinato alle posizioni dirigenziali. Combinata con la capacità di sfruttare le immense possibilità offerte dall’intelligenza artificiale, l’intelligenza emotiva potrà far compiere degli enormi balzi in avanti nell’innovazione, nella produttività e nella qualità del lavoro.

Intelligenza Artificiale vs Intelligenza Emotiva: alternative o complementari? - Parte 1

Si fa un gran parlare di ChatGPT e dell’intelligenza artificiale, ma possiamo aver paura di uno strumento? Meglio sviluppare comportamenti etici e sani che ne esaltino le capacità, ponendole al servizio delle persone e delle aziende!

IntelligenzaCome molto spesso accade, all’apparire di qualsiasi nuova tecnologia si scatenano grida di allarme che ne mettono in discussione l’uso evidenziandone i pericoli, anziché apprezzarne i vantaggi che offrono. Treni e automobili hanno annichilito l’intero settore delle carrozze trainati da cavalli, e con esse lavoratori quali i maniscalchi e i fabbri produttori di ferri per zoccoli, così come i cocchieri, tutti sostituiti nel tempo da macchinisti, meccanici, gommisti....

I computer hanno sostituito decine di lavoratori, automatizzando calcoli e procedure di elaborazione documenti, aprendo la strada a programmatori, analisti, operatori di sale macchine. La posta elettronica ha mandato in crisi i servizi postali, le cartoline e, se certificata, persino le raccomandate. E così via, spaziando dalle carte geografiche sostituite da servizi quali GoogleMaps o TomTom, ai sistemi di digitalizzazione e archiviazione dei documenti che stanno rendendo inutili i magazzini pieni di scaffali e scartoffie polverose e spesso introvabili.

Ma ce la sentiamo di affermare, ad esempio, che i martelli pneumatici, consentendo di perforare rapidamente cemento e rocce, hanno rovinato il mestiere degli scalpellini e dei picconatori? O ne abbiamo migliorato la vita, con un ulteriore salto di qualità impresso dalle scavatrici con tanto di cingoli e pale di raccolta?

A sua volta, l’Intelligenza Artificiale (AI) è in grado di fornire indicazioni che consentono di ridurre gli sprechi – di materiali e di tempo – migliorando i risultati del lavoro di chi ne fa uso. E allo stesso modo, ChatGPT (Generative Pretrained Transformer), il Chatbot di Intelligenza Artificiale sviluppato dalla OpenAI, società di AlphaFold finanziata in modo consistente da Microsoft, fornisce un consistente contributo a chi ne fa uso, ma non è l’unico già disponibile. Elon Musk, uno dei fondatori di OpenAI, sta ora finanziando lo sviluppo di TruthGPT, mentre Google sta dotando il proprio motore di ricerca di capacità analoghe.

I Chatbot sono applicazioni software in grado di comprendere il linguaggio naturale (in svariate lingue) comunemente utilizzato dalle persone, fornendo i servizi richiesti loro dagli utenti: non solo risposte a domande complesse, ma anche la stesura di articoli e documenti su qualsiasi argomento, la composizione di canzoni, l’assistenza alla clientela e molti altri ancora. Le richieste vengono immesse dagli utenti in forma scritta o a voce usando i propri apparati digitali – PC, Smartphone – senza richiedere alcun addestramento preliminare, mentre le risposte arrivano in modo così sofisticato da far ritenere agli utenti di interagire con persone reali.

ChatGPT uso e funzionamento

ChatGPT e gli strumenti similari sfruttano le proprie capacità di apprendimento automatico riuscendo a raccogliere in tempi brevissimi dati dalla rete Internet e a correlarli arrivando a fornire rapidamente risultati una volta ottenibili in tempi molto lunghi e solo ricorrendo a professionisti di buon livello. Le conoscenze di ChatGPT vengono acquisite attraverso la lettura mirata in base alla richiesta che gli viene posta di migliaia di articoli, libri, forum, blog, pagine web e enciclopedie online. Da questi vengono ricavate non solo le informazioni, ma anche il contesto, e il linguaggio da impiegare nelle risposte.

ChatGPT può essere usato con successo in varie direzioni aziendali, dal Marketing alla Ricerca & Sviluppo, dall’Assistenza Clienti alla compilazione documenti, sebbene l’Istat ha rilevato che nel 2021 in media solo il 6,2% delle imprese italiane utilizzava sistemi di intelligenza artificiale (contro una media europea dell’8%), con una forte differenza tra le piccole imprese nazionali (5,3%) e le grandi aziende (24,3%). Gli effetti di questa innovazione sono tuttavia già consistenti: alcuni multinazionali particolarmente avanzate, quali IBM, hanno annunciato riduzioni di personale nell’ordine delle decine di migliaia di dipendenti proprio grazie all’impiego di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale.

ChatGPT limiti e rischi

Indubbiamente impressionante, ma bisogna ricordarsi che si tratta comunque di strumenti nelle mani dell’uomo che è colui il quale gli pone le domande, gli fornisce accesso ai dati e ne sfrutta i risultati. Uno strumento esattamente come un coltello che può servire per tagliare il pane, ma anche per uccidere o un drone impiegabile per ispezionare aree pericolose o irraggiungibili dall’uomo, ma anche in guerra per sganciare bombe sui nemici. Siamo sicuri di doverne avere paura, trascurando i vantaggi che offre?

Al di là dell’uso immediato che se ne può fare, gli strumenti di questo tipo hanno alcune criticità d’uso delle quali bisogna tenere conto. Ad esempio, il primo punto sta nell’esser capaci di formulare le domande in modo specifico e opportuno, così da evitarne equivoci o cattive interpretazioni, Le domande debbono risultare chiare e complete, cosa non semplice, specie per chi ha una cultura di tipo classico più portata a filosofeggiare che non a risolvere problemi.

Il secondo punto consiste nella capacità e nell’obbligo per chi fa le domande di sincerarsi della qualità, dell’attinenza e della vericidità delle risposte. In altre parole, un compito che dovrebbero svolgere sempre i giornalisti è il fact checking, ovvero la verifica delle fonti e della congruenza di quanto viene pubblicato onde evitare di pubblicare quelle che in gergo vengono chiamate “bufale”.

Un esempio è dato, in questi tempi di guerra, dalle informazioni-propaganda che vengono diramate dai contendenti, nel caso specifico dalla Russia e dall’Ucraina che se ne difende. Infatti, stando alle fonti russe, l’Ucraina è unicamente un’invenzione geografica, per cui non ha legittimità di esistere e di conseguenza l’invasione da parte della Russa non è altro che un rientro in possesso di territori che le appartengono. Ma stando alla storia, le cose sono molto diverse arrivando persino a far derivare il nome Russia da una popolazione ucraina che fondò Kiev centinaia di anni prima della nascita di Mosca. Un inganno nel quale, se non ben addestrato e verificato, un motore quale ChatGPT potrebbe facilmente cadere. La verifica dei risultati rimane pertanto un passaggio indispensabile per chi valuta le risposte ai propri quesiti.

Un terzo punto attiene ai rischi di plagio e violazione dei diritti d’autore nei quali strumenti di questo genere possono facilmente incappare. Specie, se due “committenti” che si appoggiano alla stessa tecnologia e pongono questioni analoghe procedono direttamente alla pubblicazione di quanto ottenuto, copiandosi inconsapevolmente e involontariamente l’un l’altro.

Un quarto punto è che le risposte, i testi e persino le parole delle canzoni prodotte da strumenti diligenti, ma privi di capacità critica e di sensibilità umana possono apparire di buona qualità, corretti sul piano grammaticale, sintattico, lessicale, ma certamente non appassionanti né coinvolgenti o unici. Specie se vi entra in gioco l’ironia. A questo proposito desidero citare tre pezzi musicali emblematici, che mai potrebbero essere avvicinati da qualsiasi strumento di intelligenza artificiale: “America” di Gianna Nannini, “Il Clarinetto” di Renzo Arbore, “Cervo a Primavera” di Riccardo Cocciante. Lascio a chi conosce questi pezzi l’interpretazione corretta dei testi e invito a chi non li conosce ad ascoltarli per comprenderne i veri significati...

L’ultimo punto sul quale desidero fornire una mia posizione assolutamente personale riguarda le possibili violazioni della privacy e della protezione dei dati personali degli utenti. Di recente, il Garante Privacy italiano ha imposto una limitazione provvisoria all’uso di ChatGPT, inducendo OpenAI a bloccarne l’accesso nel nostro Paese, in quanto non rispettava la normativa europea sul GDPR. Blocco che è stato rimosso già all’inizio di Maggio grazie all’adeguamento alle richieste formulate dal Garante Privacy operato da OpenAI.

Personalmente non credo in alcuna delle disposizioni sancite inneggiando ai diritti di privacy in quanta dal punto di vista strettamente tecnico sempre facilmente superabili, mentre considero che tutto ciò che gli utenti, in modo più o meno consapevole, pubblicano su Web e non solo, è intrinsecamente privo di qualsiasi diritto alla privacy. Oltretutto, credo che chi sente il bisogno di proteggere i propri dati è di fatto portato a nascondere qualcosa, quindi malevolo nelle intenzioni oltre che sprovveduto se nonostante tutto pubblica informazioni che lo riguardano e che ritiene per qualche ragioni sensibili o critiche.

Basta allarmi, pensiamo positivo

Gli allarmi sono quindi molteplici e spaziano dalle possibili riduzioni di personale nelle aziende, alle violazioni di ogni genere che possono essere perpetrate da ChatGPT e dai suoi contendenti. Il solito approccio che accomuna gli integralisti e gli arcaici, sin dai tempi delle grida “Mille e Non più Mille”, senza risalire alla scoperta del fuoco, che cucina, difende ma incendia, o alla ruota da cui sono nati i carri e tutto ciò che ne è seguito.

Certo, bisognerà regolamentarne l’uso come nel caso delle armi o dei codici stradali e di navigazione, ma l’impiego di strumenti di questo genere andrebbe accolto in modo più che positivo grazie al contributo che offrono nel miglioramento della qualità e nella riduzione dei tempi per lo svolgimento di un gran numero di attività!

Nella seconda parte di questo post, ci concentriamo invece sull’Intelligenza Emotiva, un tema nel quale l’uomo ha il primato e continuerà a mantenerlo grazie alle chiavi che offre in tema di gestione delle relazioni sociali, delle organizzazioni aziendali e non, nei rapporti tra le persone. Un elemento per il quale l’intelligenza artificiale può rivelarsi molto utile, ma nel quale il ruolo degli esseri umani resta e sarà sempre centrale.

I Reality, specchio emblematico della nostra epoca storica

Il Grande Fratello, l'Isola dei Famosi e gli altri reality visti dallo psicoterapeuta.

di Elisa Caponetti 

Elisa Caponetti Negli ultimi anni stiamo assistendo sempre più ad una proliferazione dei reality show. Il Grande Fratello e l’Isola dei Famosi rappresentano due realtà televisive molto importanti seppur diverse tra loro e che riscuotono estremo successo anche se a volte criticate entrambe. Nel corso del tempo hanno subito notevoli trasformazioni adattandosi ad esigenze di share e di pubblico.

Se è vero che possono essere delle esperienze molto usuranti per i concorrenti, in special modo il Grande Fratello (sia per una maggior durata che per il fatto di restare chiusi all’interno di una casa) è anche vero che riuscire a partecipare è una cosa molto ambita dagli aspiranti concorrenti. Viviamo ormai in un mondo estremamente esibizionistico in cui viene lasciato spesso poco spazio all’autenticità e alla libera espressione di sé e del proprio mondo emozionale.

Nei reality, e ciò vale per entrambi quelli citati, tutto ciò viene espresso e vissuto attraverso il piccolo schermo. La forza dei reality, tra l’altro seguitissimi, sta proprio nell’osservare le vite, i comportamenti e le reazioni dei partecipanti: talora ridono e gioiscono, altre, piangono e soffrono.

Chiunque può identificarsi a volte con un personaggio, a volte con un altro. Amicizie sincere o soltanto di comodo, segreti, complicità, competizione e rivalità, amori veri o presunti… Non manca proprio nulla, come nella vita realmente vissuta. E così è facile immedesimarsi in uno dei tanti partecipanti, a seconda di cosa risuonerà maggiormente internamente a noi e di quelle che sono state le nostre esperienze di vita passate e presenti.

Occorre considerare che la nostra è una società caratterizzata da un appetito insaziabile e una spettacolarizzazione delle vite umane in cui tutto viene digerito senza emozione alcuna, generando una vera e propria bulimia legata spesso alla necessità di ottenere un riconoscimento ed un’identificazione pubblica e sociale.

Solitamente ciò che spinge a partecipare ad un reality è il desiderio di avere visibilità dopo una fase di assenza dal piccolo schermo.

Una volta si diventava famosi perché si possedevano dei talenti, oggi i reality hanno il potere di dare visibilità immediata a persone spesso sconosciute e senza particolari e spiccate doti. Ed è così che pur di viversi alcuni momenti di visibilità si è disposti ad esibirsi senza alcuna propria tutela, senza nessuna conservazione di una propria intimità. Viene rappresentata la vita quotidiana priva di censura alcuna ed è così che il telespettatore arriva a cogliere ossessivamente ogni singolo istante vissuto dai protagonisti del momento dando attenzione anche al dettaglio più nascosto.

I concorrenti vengono messi in un tritacarne pronti ad offrire tutto di sé a spettatori morbosi desiderosi di cogliere in modo maniacale quello viene offerto. Si assiste e a volte si vive con trepidazione la vita degli altri lasciando scorrere la propria con minor interesse e passione. È uno specchio completamente rappresentativo della nostra epoca storica.

I reality raffigurano infatti uno spaccato veritiero e emblematico del nostro Paese, sono un ritratto fedele e autentico della società in cui viviamo, facendo affiorare contrasti, liti, gelosie, tradimenti, monotonia, così come la possibilità di costruire nuovi legami e amicizie. Tutto ciò alimenta in modo distorto il desiderio di protagonismo e spesso l’esaltazione estrema dell’individualismo.

Il futuro delle vendite è ibrido: processi, strumenti e competenze

Considerazioni di Alessandro Bodo, Founder & CEO di Cloudnova, ed Elisa Pellizzaro Marketing Manager di OpenSymbol

Alessandro Bodo, Elisa PellizzaroI modelli di vendita si trasformano in un costante processo di evoluzione che richiede alle aziende - oggi più che mai - spiccate capacità di adattamento, innovazione e una buona dose di dinamismo e propensione al cambiamento.

Negli ultimi tre anni abbiamo vissuto uno dei momenti storici più tumultuosi degli ultimi tempi. Anche dal punto di vista delle organizzazioni e del business, la pandemia e lo scenario geopolitico incerto hanno indubbiamente accelerato moltissimi dei processi che erano destinati a evolversi e affermarsi, ma rimanevano latenti.

La digitalizzazione ha permeato ancora di più ogni contesto e ambito aziendale, anche e soprattutto quello di vendita, dove si sono rafforzati modelli in grado di conciliare l’approccio fisico tradizionale con quello virtuale. E così sarà per il futuro. Secondo McKinsey, infatti, l’hybrid sales, inizialmente un adattamento alla pandemia, sarà la strategia di vendita B2B dominante entro il 2024 [McKinsey & Company, B2B Pulse—Global Edition, 2022].

La necessità di oggi è non abbandonare la relazione che definisce il processo stesso di vendita, tradizionalmente composto da incontri di persona, ma arricchirlo a livello strutturale con le opportunità che la digital transformation è in grado di offrire. Tutto questo, affinché abbia successo, comporta una serie di cambiamenti che devono essere implementati a livello aziendale.

Dal momento che la vendita può essere considerata una scienza, per avere successo, necessita di processi ben definiti, strutturati e chiari. Per adattarsi all’hybrid selling, questi processi devono cambiare con componenti nuove e innovative da inglobare nel percorso. Insieme ad essi, cambieranno anche i sistemi e gli strumenti a disposizione, così come le competenze.

Le competenze necessarie per avere successo nell’hybrid selling

Il nuovo approccio ibrido ha delle conseguenze sui ruoli delle risorse che compongono il processo stesso. Se da una parte l’accesso semplificato alle informazioni, abilitato dalla trasformazione digitale, rende più preparati i compratori, così anche i venditori si ritrovano a perfezionare le proprie competenze verso un modello sempre più consulenziale, in cui il rapporto tra le parti si evolve, personalizzando ogni incontro, dalle primissime fasi di contatto al post-vendita e alla fidelizzazione.

In questo contesto, che alterna meeting in presenza a contatti virtuali, le competenze tecniche del sales manager - ormai date per scontate - si affiancano a una serie di componenti soft skills e di intelligenza emotiva e sociale imprescindibili. Un modello, insomma, che ben si riassume in queste parole: "il venditore che diventa consulente non offre più un prodotto o un servizio che risolve al cliente un problema di oggi, ma lo affianca e lo anticipa affinché non se ne presentino in futuro”.

Il percorso verso un approccio sempre più consulenziale richiede inoltre che le competenze dei sales team vadano nella direzione dell’ascolto del cliente, realizzando una vendita basata sul valore (value selling).

Se gli incontri in presenza si riducono, è necessario essere estremamente reattivi e rigorosi nella proposta delle soluzioni: meno strette di mano significa anche meno possibilità di instaurare un rapporto di fiducia con il cliente. In questo, un approccio “scientifico” può concorrere al successo della vendita perché accompagna il commerciale attraverso processi ben definiti. Da qui si passa all’importanza degli strumenti che vengono messi nelle mani dei sales team (e allo sviluppo in generale di una maggiore sensibilità a livello aziendale nel supportarli). Pensiamo ad esempio alle metodologie di qualificazione del cliente (qualification framework) che supportano i sales manager nel definire con cura la controparte con cui relazionarsi, sia lead o utente già acquisito e da fidelizzare. Questo aiuta da un lato il commerciale a svolgere bene il proprio lavoro, dall’altro il cliente a sentirsi compreso e guidato.

Fondamentale oggi è parlare un linguaggio comune e garantire un allineamento di informazioni e obiettivi più profondo, sicuramente più difficile da realizzare in un contesto maggiormente da remoto.

I dati, risorsa sempre più critica

In un contesto quale quello appena descritto, l’importanza del valore dei dati diventa quindi naturale. Disporre delle informazioni giuste nel momento giusto è un requisito fondamentale per il successo della vendita. Ed è qui che entra in gioco la tecnologia: strumenti come il CRM acquistano un ruolo di primaria importanza, aiutando le aziende a digitalizzare i processi, gestendo, analizzando e ottimizzando le interazioni con clienti e prospect con l’obiettivo di realizzare la migliore esperienza di acquisto.

Grazie al CRM, si centralizzano in un’unica piattaforma i dati del cliente e le relazioni che intercorrono, per trasformarli in informazioni utili e strategiche sia all’esterno, per ottimizzare la customer experience, sia all’interno, per migliorare l’esperienza dei team di vendita.

In conclusione, oggi più che mai anche nelle vendite è importante essere consapevoli che “restare fermi” implica in realtà dei costi elevati. In un mercato altamente competitivo e in uno scenario in costante evoluzione, l’equazione secondo la quale rimanere allo status quo significa non avere costi aggiuntivi non è più vera. Di conseguenza, affidarsi a Partner competenti e qualificati, in grado di accompagnare le aziende verso la customer revolution, è oggi fondamentale.

Articolandosi attraverso la visione di tecnologia come commodity, Impresoft Group, con il Competence Center Customer Engagement di cui fanno parte Cloudnova, OpenSymbol, NexTech, NextCRM e Kipcast, si può innestare in questo percorso di innovazione verso il futuro delle vendite, offrendo competenze, tecnologie ma soprattutto percorsi di consulenza e crescita.

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