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Per sopravvivere alla crisi, l'innovazione è strategica, ma legislazione, burocrazia e manager frenano...

Allarmanti i dati raccolti da WOBI tra i manager italiani in occasione del World Business Forum Milano!

InnovareCreatività e innovazione sono univeralmente riconosciute come le leve strategiche di maggior rilievo per superare le crisi. E su questo tema, WOBI - WOrld of Business Ideas, azienda specializzata in Executive Education e organizzatrice del World Business Forum che nell'edizione di Milano appena conclusasi ha visto oltre 2.500 iscritti - ha condotto un'indagine che per fotografare lo scenario italiano nei riguardi dell’innovazione.

Ciò che ne è emerso è che sebbene sul piano teorico sono tutti solidali nel considerarla strategica per qualsiasi sviluppo d'impresa e per il superamento delle crisi, di fatto passando alla sua realizzazione ci si scontra da un lato con vincoli legislativi e burocratici che ne frenano l'attuazione (problema sentito dal 44,7% degli intervistati), dall'altro dalla modesta propensione dei manager ad innovare (40,4%). A grande distanza vengono poi gli ostacoli creati dai dipendenti (9,7%) e lo spirito conservatore del nostro territorio (aspetto lamentato da solo lo 0,9% degli intervistati).

Maggior competitività per le imprese

La capacità di innovare è considerata da (solo) il 23,2% dei manager il fattore strategico più importante perché le imprese possano sopravvivere alla crisi con al secondo posto una tassazione meno onerosa (15,6%), seguita da una maggirore vocazione all'internazionalizzazione (15,2%) e da una legislazione più flessibile (13,8%).

Tra i fattori che potrebbero agevolare creatività e innovazione spicca l’approccio dei manager (per il 49,6% degli intervistati) mentre in secondo ordine troviamo quello dei dipendenti (26,5%), seguiti dal supporto di leggi e normative (13,2%), che molto probabilmente vanno considerati come sgravi fiscali e contributi per la ricerca e lo sviluppo.

Per aumentare creatività e innovazione all’interno delle proprie aziende è la formazione lo strumento a cui i manager ricorrono maggiormente (29,4%) seguita dal networking (22,9%), dal benchmarking (21,6%), dai social media (13,1%) e dalle partnership con altre organizzazioni (11,1%).

L'innovazione regina per Arredamento e Design

I settori italiani percepiti come più creativi e innovativi sono l'arredamento e il design (28,4%), la moda (25,7%), l'alimentazione (16,4%), la tecnologia. In fondo alla classifica le aree dei servizi alle imprese e del commercio (entrambi al 4,4%), i settori della produzione di beni durevoli e le industrie chimica e farmaceutica (3,3% per entrambi), sebbene in altri Paesi del mondo svettino tra le prime posizioni. Ma qui, forse, paghiamo proprio la mancanza di un vero piano industriale e la progressiva resa dell'Italia nei confronti delle multinazionali americane, tedesche e non solo. Pressoché fermi sono il turismo (1,6%), le banche ed i servizi finanziari (1,1%) dove invece tanto ci sarebbe da innovave per trovare nuove marginalità e occasioni di vendita.

Investimenti in innovazione a gocce sul fatturato

Quanto investono in innovazione le imprese italiane? Tra le aziende dei manager intervistati, il 38% si ferma al di sotto del 2% del fatturato, mentre l'8,5% delle aziende dichiara di non fare alcun investimento in innovazione. Valori preoccupanti, specie alla luce del consenso che si forma attorno al concetto di innovazione come leva di superamento della crisi, appena confortato dall’11,3% degli intervistati che vi investe una somma superiore al 10% del fatturato,
il 21% il 5 e il 10% del fatturato ed un ulteriore 21% dal 2 al 5%. Innovazione che comunque si concentra sul miglioramento di prodotti e servizi esistenti (nel 24,7% delle aziende dei manager intervistat), il 22,4% per lanciare nuovi prodotti e servizi ed un’analoga percentuale nel rivedere i propri processi e i modelli di Business.

Al centro dell'innovazione si pongono per lo più le tecnologie digitali collocate al primo posto dal 50,7% dei manager, mentre il 32,4% le considerano molto importanti e il 15,5% abbastanza importanti. Solo l’1,4% degli intervistati considerano il ruolo delle tecnologie digitali poco importante rispetto all'innovazione.

Età degli innovatiri e propensione alle partnership

In un mondo nel quale il condividere diventa la regola, è importante valutare la propensione ad aprire la propria organizzazione a collaborare con altre, cosa che nella nostra imprenditoria nazionale è sempre risultata piuttosto carente. E anche i dati di questo sondaggio lo confermano: per i manager intervistati, le aziende italiane sono più orientate a creare Partnership a livello locale (38%) o internazionale (26,8%) che non a livello nazionale (16,9%). Per il 18,3% le imprese italiane sono addirittura incapaci di attivare collaborazioni con altre. Problema che limita non poco lo sviluppo delle nostre imprese, ma che viene in parte mitigato dal maggior atteggiamento di apertura rilevato tra le Start‐up.

Sorprendente, infine, constatare che la fascia di età più creativa in ambito lavorativo non è quella dei neo-laureati e neo-diplomati, come alcuni potrebbero erroneamente ritenere, quanto quella dei 30/40enni (per il 76,1% dei manager), ovvero di chi ha già maturato qualche esperienza lavorativa, che surclassa di gran lunga la fascia dei 20‐30 anni femra al 16,9%. Anche i 40‐50enni si difendono bene con un bel 5,6%, mentre superati i 50 la propensione a innovare rallenta considerevolmente (1,4%).

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