L'innovazione tecnologica nella produzione di idrogeno
- Scritto da Alessandro Giacchino
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L’idrogeno è al centro delle strategie della Commissione Europea per azzerare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050 e realizzare il cosiddetto Green Deal, puntando a raggiungere l'impatto zero sul clima. Ma per questo, l'idrogeno deve esser prodotto...
 Al centro della strategia della Commissione Europea è stato posto l’idrogeno che potrebbe consentire di azzerare le emissioni di gas a effetto serra e realizzare il cosiddetto Green Deal per avere un impatto nullo sul clima. Strategia che ha fissato il 2050 come data obiettivo, con altre date intermedie per scandirne l'adozione nel tempo. Un percorso che è stato di recente accelerato dalla guerra in Ucraina che ha evidenziato i rischi di dipendenza dagli approvigionamenti di gas da Paesi terzi. Un obiettivo che è raggiungibile unicamente imprimendo una forte spinta all'innovazione per la produzione dell'idrogeno, favorita da consistenti investimenti sia pubblici, a fondo perduto, sia da parte delle imprese. Vediamo quindi come si produce attualmente l'idrogeno e come si farà sempre di più nel prossimo futuro.
I principali processi di produzione dell'idrogeno
Per produrre idrogeno si utilizzano diversi processi tra i quali lo steam reforming, il metodo più utilizzato, la gassificazione, l’elettrolisi. Li vedremo sinteticamente uno a uno nel prosieguo del post. L'idrogeno, nella forma H2, può anche essere ottenuto come sottoprodotto di altre reazioni quali il cracking di idrocarburi tipo il metano e il petrolio. E' anche estraibile dai biocombustibili e dai fanghi da depurazione, trasformando così i rifiuti in energia. Per contro, data la modesta percentuale nella quale si trova allo stato puro nell'atmosfera non è invece estraibile direttamente dall'aria dove è presente come gas biatomico (H2).
Questa ampia gamma di possibilità rende quindi l'idrogeno accessibile a chiunque, sia a livello Paese, sia a livello aziendale o individuale segnando la fine del predominio politico-economico dei Paesi con grandi giacimenti di petrolio, gas o anche carbone. Alcuni lo considerano come il modo più semplice per arrivare alla "democratizzazione dell'energia".
In base ai processi adottati per la sua produzione (che in realtà , sarebbe meglio definire "estrazione", visto che si tratta di un elemento base della chimica), l’idrogeno, pur mantenendo il suo stato di assoluta trasparenza, viene convenzionalmente classificato in colori:Â
- Grigio: è attualmente il modo più praticato al mondo (oltre il 50% del totale di idrogeno generato); usa come fonti di partenza gli idrocarburi fossili nei processi di steam reforming del gas naturale e di gassificazione del carbone; usa calore e pressioni elevate ottenute usando gli stessi idrocarburi e genera grandi quantità di CO2. L'idrogeno grigio può essere ricavato anche come scarto produttivo di alcune reazioni chimiche.
- Blu: viene estratto dagli idrocarburi fossili con gli stessi processi di quello Grigio, ma in questo caso l’anidride carbonica che ne deriva viene catturata e immagazzinata riducendo considerevolmente (fino al 90%) l'emissione di CO2.
- Verde: ricavato per elettrolisi dall’acqua utilizzando appositi elettrolizzatori alimentati elettricamente con l’energia proveniente da energie rinnovabili (idroelettriche, fotovoltaiche, eoliche...), con modestissime emissioni di CO2. Nel caso si impieghino altre fonti di generazione dell'energia elettrica, le emissioni sarebbero quelle collegate alle centrali elettriche di partenza.
- Viola: ricavato sempre per elettrolisi, ma usando l’energia prodotta da centrali nucleari, quindi anche in questo caso senza emissioni di CO2.
L'idrogeno può essere prodotto anche attraverso il reforming del biogas o la conversione biochimica della biomassa e in questi casi viene classificato in base alle fonti energetiche utilizzate, dal momento che non produce direttamente alcuna quantità di CO2.
Lo Steam Reforming per ricavare l'idrogeno dagli idrocarburi
Attualmente, il processo più utilizzato per ricavare l'idrogeno (circa la metà dell'idrogeno mondiale) è lo steam reforming che combina l'uso di metano con quello di vapore ad alte temperature (Steam Methane Reforming, SMR) e di catalizzatori che innescano la separazione dell’idrogeno dal carbonio producendo l'inquinante CO2. Una tecnologia matura impiegata per produrre l'idrogeno grigio, ma che diventa blu se in coda al processo viene effettuata la cattura della CO2.Â
In alternativa al metano (CH4) si utilizzano anche altri idrocarburi come, ad esempio, l'etano (C₂H₆), ma non quelli pesanti perché potrebbero contenere impurità . Con questi ultimi si usa l'ossidazione parziale che di solito risulta più efficiente.
Per lo SMR si impiegano temperature attorno agli 800 °C e pressioni pari a 2,5 MPa. Nella prima fase (il reforming) si ha la scomposizione del metano che, interagendo con vapore, si scinde in idrogeno e monossido di carbonio, in un processo fortemente endotermico. Nella seconda fase, detta "shift reaction" o anche "Water-Gas-Shift", operando a temperature superiori ai 300°C e pressioni di 20-30 bar, il monossido di carbonio si combina con l'acqua dando vita a del biossido di carbonio (CO2) e all'idrogeno (H2).
Valutando le masse in gioco, 16 grammi di metano producono 8 grammi di idrogeno, risultando non proprio una conversione vantaggiosa, specie se si considerano anche la produzione di anidride carbonica e i consumi di energia. Sul piano delle moli, da una mole di metano (CH4) si ricavano idealmente) 4 moli di idrogeno ((4H), avendo così un aumento del numero di moli. La massima efficienza di questo processo si ha operando a pressioni relativamente basse, ma ad alte temperature.
In un impianto ideale, si ha l'immissione del gas di partenza (normalmente il metano) in una unità di desolforazione per rimuoverne le impurità costituite principalmente da acidi e zolfo, così da preservare l'integrità  del catalizzatore utilizzato per lo steam reforming. In seguito, si procede al raffreddamento del gas a circa 350°C e quindi nella sua immissione nei catalizzatori di WGS, Water Gas Shift. Da ultimo, si arriva al PSA (Pressur Swing Adsorbtion) dal quale si estrarrà l’idrogeno.Â
Il PSA è costituito da una serie di letti fissi pressurizzati e disposti in parallelo sui quali vengono stesi dei filtri assorbenti capaci di catturare l’anidride carbonica, lasciando passare il flusso di idrogeno che risulta essere il prodotto dell’intero impianto. La resa finale risulterà tuttavia leggermente ridotta in quanto una parte dell'idrogeno viene utilizzata per alimentale il processo di desolforazione.
Per lo steam reforming si usa una camera coibentata riscaldata a oltre 800°C bruciando parte del metano che viene intercettato dal flusso in ingresso dell’impianto. Nella camera si trovano vari reattori tubolari (PFR, Plug Flow Reactor) che, utilizzando degli appositi reagenti con funzioni di catalizzatori basati, per ragioni di efficienza e convenienza, sul nichel o sulla allumina, innescano la prima reazione. La reazione di WGS è di tipo esotermico e viene condotta in reattori catalitici a letto fisso a strati adiabatici. Può avvenire in un unico stadio operante ad alta temperatura o in due stadi a temperature diverse: in quella a temperatura più elevata si usano catalizzatori a base di ossidi di ferro e cromo, mentre nella seconda si passa a catalizzatori a base di ossidi di zinco e rame.Â
Con il metano si utilizza anche un altro processo, la termoscissione, mentre a livello ancora sperimentale si stanno valutando la dissociazione del metanolo e dell’ammoniaca, nonché la fotoelettrolisi. Nella termoscissione del metano (TDM, Thermal decomposition of methane) si sfrutta il concetto che se il metano viene scaldato ad alte temperature si decompone (cracking) in carbonio e idrogeno. Anche in questo caso sono necessarie temperature superiori a 700°C che compromettono l’efficienza del processo attestandola attorno al 50%.
Il bilancio energetico di questi processi è tuttavia negativo, quindi produrre idrogeno per usarlo in quanto combustibile non è conveniente. Meglio usare direttamente il metano. Il contenuto energetico dell'idrogeno è infatti più elevato di quello del metano di partenza, ma dovendo consumare una enorme quantità di energia per ricavarlo, il rendimento di questo processo scende a circa il 65-70%. Per di più, il costo del metano incide in modo significativo (tra il 52 e il 68%) sul costo totale dell'idrogeno prodotto nei grandi impianti, assogettandolo alle oscillazioni del mercato dei gas naturali dai quali, con l'obiettivo dell'autonomia energetica, sarebbe meglio affrancarlo.
Per quanto riguarda l’emissione di anidride carbonica (CO2), considerando che il numero di moli di idrogeno reale prodotto è inferiore a 4 e che il fattore di emissione è compreso tra 9-10, per ogni tonnellata di metano si producono tra 9 e 10 tonnellate di CO2. Questa grande emissione di anidride carbonica può essere ridotta tramite sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 che possono essere disposti in corrispondenza dell'uscita dei singoli componenti del processo (Steam, WGS, PSA), con preferenza per il WGS che è la più conveniente in quanto il gas fuoriesce ad alta pressione, risultando così più semplice da catturare e stoccare.
Per migliorare la resa dei processi basati su SMR si possono adottare dei sistemi integrati che oltre a generare idrogeno, sfruttano il calore e il vapore prodotti per il preriscaldamento e la desulfurizzazione del metano o per gli impianti di riscaldamento. Contemporaneamente, l’idrogeno viene usato direttamente per la produzione di energia elettrica. Impianti di questo genere si trovano negli USA e in alcune nazioni europee, realizzati da Mobil, Texaco, Air Products e altre aziende, il più grande dei quali è a Las Vegas nel Nevada, mentre uno tra i più importanti in Europa è quello di Pernis, vicino Rotterdam.
Stando alle analisi condotte in via preliminare e confermate in fase di consuntivi, questi impianti integrati offrono risparmi di quasi il 50% sul fronte dei costi operativi rispetto a quelli non integrati, riducendo inoltre l’incidenza dei costi fissi all’aumentare della produzione. I vantaggi si riflettono anche sulla riduzione delle emissioni inquinanti dal momento che la CO2 risultante viene bruciata all’interno del reforming stesso.
 Il costo del gas naturale incide fortemente sul prezzo finale dell'idrogeno, secondo alcune analisi costituisce il 52%-68% del costo totale per impianti di grosse dimensioni, e circa del 40% per impianti di dimensioni minori. In ogni caso, salvo le recenti impennate dei prezzi del gas, i costi dell'idrogeno ricavato attraverso SMR risultano molto inferiori a quelli degli altri processi, primo dei quali l'elettrolisi, che vedremo più avanti. Per alcuni ricercatori, la tecnologia SMR può risultare ancora più conveniente, se combinata con l'alimentazione di veicoli, abbinandola alle celle a combustibile di ridotte dimensioni.
Gassificazione
Uno secondo processo abbastanza praticato e con grandi prospettive consiste nella gassificazione del carbone il cui valore risiede nella grande disponibilità di questo combustibile che viene via via dismesso in molti settori a causa del suo elevato livello di inquinamento se usato come puro combustibile. L’efficienza in termini energetici di tale processo è tuttavia inferiore al 60%, quindi molto inferiore all'SMR, con consistenti emissioni di anidride carbonica riducibili anche del 90% con l’integrazione di efficienti sistemi di cattura della CO2, comunque non sufficiente a centrare gli obiettivi europei della completa decarbonizzazione entro il 2050. Per altro, la produzione di idrogeno a partire dal gas metano genera molto meno CO2 rispetto alla gassificazione del carbone.
Nei processi di gassificazione, l’idrogeno si ottiene quasi interamente dall’acqua, usando il carbone come base di partenza. Nella gassificazione, l’idrogeno viene ricavato da rifiuti organici che vengono esposti a temperature molto elevate. Si tratta di una tecnologia consolidata e utilizzata in numerosi impianti tra i quali i più grandi sono due negli Stati Uniti d’America (Great Plains Synfuel e Coffeyville) e uno in Cina (Sinopec Qilu). Anche in questo caso, sono allo studio impianti integrati di cogenerazione (detti IGCC ovvero Integrated Gasifier Combined Cycle) in grado di avere minori impatti ambientali e maggiori livelli di efficienza, così come per la cattura della CO2 emessa in fase di combustione per la generazione di calore.
Uno dei vantaggi offerti dalla gassificazione è che può essere realizzata riconvertendo strutture già esistenti che utilizzano i combustibili fossili. In tal modo, si può contribuire a ridurre i costi e l’impatto della transizione, consentendo inoltre di preservare parte degli investimenti fatti nel passato, nonché le competenze delle risorse umane. Una buona prospettiva, nonostante i bassi rendimenti che rendono questo processo meno competitivo dello steam reforming.
Elettrolisi
L’elettrolisi consiste nel passaggio di corrente elettrica attraverso l’acqua provocandone la scissione nei suoi due elementi principali (idrogeno e ossigeno) avendo come unica emissione del vapore acqueo. La scissione dell’acqua avviene in una cella elettrolitica, costituita da due elettrodi, uno positivo e uno negativo, collegati elettricamente, immersi in un liquido chiamato elettrolita e separati da una membrana. Più celle collegate in serie e poste in un unico contenitore costituiscono il cuore dei cosìddetti elettrolizzatori.
Le principali tipologie di elettrolizzatori attualmente in uso per la produzione di idrogeno sono quattro: alcalina (Aec), a polimero solido (Pem), a membrana a scambio anionico (Aem) e a ossido solido (Soec). Con le prime due si possono raggiungere potenze dell’ordine dei Megawatt, mentre per le altre due ci si ferma ai Kilowatt. Gli elettrolizzatori di tipo Aec sono i più sviluppati e i più usati a livello commerciale; operano a bassa temperatura e hanno costi contenuti, potendo persino essere installati in piccoli impianti di carattere domestico. Sono inoltre dotati di una rete di distribuzione e di un'ampia gamma di capacità produttive consolidate. Sono tuttavia poco reattivi alle fluttuazioni degli input elettrici, specialmente se connessi a fonti di energia rinnovabili.
I sistemi di elettrolisi Pem utilizzano un elettrolita solido e offrono risposte dinamiche più rapide e maggiore efficienza energetica. La membrana a scambio protonico limita considerevolmente il passaggio dell’idrogeno e offre la possibilità di operare ad alte pressioni riducendo i consumi di energia.
Gli elettrolizzatori di tipo Aem combinano i vantaggi dei sistemi Aed e Pem; utilizzando materiali a basso costo, consentono di costruire elettrolizzatori fino a 2,4 kW. Superando tali valori non sono più in grado di assicurare la necessaria affidabilità e durata nel tempo dei sistemi di maggior livello.
Gli elettrolizzatori Soec assicurano la capacità di raggiungere elevati gradi di efficienza pur operando ad alte pressioni e utilizzando catalizzatori di materiale non nobile. Sono quelli sui quali si stanno concentrando i maggiori sviluppi tecnologici soprattutto per superarne gli attuali limiti nella durata di vita causata dalle alte temperature di funzionamento.
Sebbene questo processo sia ben noto e utilizzato nei laboratori con piccole produzioni, risultando molto meno conveniente di altri è al momento poco impiegato su scala industriale. Nell'insieme, si tratta quindi di un comparto che è già in grado di assicurare risultati significativi, ma nel quale è lecito attendersi consistenti sviluppi nel prossimo futuro.
Elettrolisi e fonti rinnovabili per l'idrogeno verde
Il processo di steam reforming è più conveniente in termini energetici rispetto all’elettrolisi dell’acqua per quanto riguarda l’ottenimento di idrogeno, ma le elevate emissioni di CO2 che genera ne costituiscono un aspetto negativo contro il quale non si può fare molto, salvo intercettarla per poi smaltirla, con un aggravio dei costi di produzione e quindi la riduzione della sua convenienza.
Sul piano energetico, il calore richiesto dai vari processi può essere ricavato bruciando metano, carbone o il biometano ricavato dal trattamento dei rifiuti organici. Tra le alternative rientrano anche le centrali atomiche che non emettono CO2 per cui in questo caso si parla di Idrogeno Blu che ha un costo inferiore rispetto a quello prodotto dall’elettrolisi dell’acqua, che può arrivare a costare fino a tre volte di più di altri.
Un salto di qualità potrebbe essere compiuto utilizzando le energie rinnovabili in tutti i processi citati, ma la massima convenienza, non solo sul piano dei rendimenti, ma anche su quello della salvaguardia dell'ambiente si ha quando sono utilizzate nei processi di elettrolisi.
L'elettrolizzatore, come visto, fornendo elettricità all’acqua, innesca la scissione delle molecole di H2O in ossigeno e idrogeno. Facendo funzionare l’elettrolizzatore al contrario, lo si trasforma in una cella a combustibile che stavolta combina l'idrogeno e l'ossigeno per produrre acqua. E' su questo tipo di impianti che attualmente si stanno concentrando gli studi per incrementarne la resa, l'efficienza e soprattutto la flessibilità .
Come si sa, conservare l'energia elettrica è molto difficile, se non impossibile: normalmente si usano batterie più o meno sofisticate, che hanno consistenti limiti di capacità e durata. Così, l'idrogeno diventa una sorta di accumulatore di energia che assume la forma di gas stoccato in bombole facilmente trasformabile in energia elettrica quando gli impianti basati su fonti naturali non sono in grado di produrne, avendo come unica scoria del processo la generazione di acqua. Per tale ragione, l’idrogeno non è definibile come una fonte primaria di energia, bensì un suo vettore consentendo di stoccare l'energia prodotta usando qualsiasi tipo di fonte, sia quelle rinnovabili (solare, eolico, biomasse), sia quelle fossili (carbone, petrolio, gas) tenendo sempre ben presente che si può parlare di Idrogeno Verde unicamente se l'energia elettrica impiegata nell'elettrolisi è generata da fonti rinnovabili, quindi di tipo elolico, fotovoltaico, idroelettrico, geotermale e similari. In caso contrario, non avremo produzione di CO2 in relazione alla produzione diretta dell'idrogeno, ma potremo averla in relazione alla produzione di energia elettrica.
L'elettrolizzatore diventa così una sorta di motore bivalente, in analogia alle turbine delle centrali idroelettriche che generano energia con la caduta dell'acqua quando c'è maggiore richiesta e la utilizzano per rimandare l'acqua in alto - generalmente in una diga - quando si ha un eccesso di energia elettrica rispetto alla domanda.
In aggiunta, si stanno affinando i sistemi per ricavare energia pulita dalle biomasse costituite dai residui organici provenienti da rifiuti vegetali in decomposizione, dal letame prodotto dagli allevamenti o dai fanghi di depurazione, dagli scarti dell’agro-industria. Trattati in appositi impianti digestori nei quali si innesca la fermentazione batterica anaerobica, questi scarti organici permettono di svolgere in modo accelerato un processo naturale nel quale, in assenza di ossigeno, i batteri decompositori attaccano le molecole organiche che a seguito di trasformazioni biochimiche danno vita al biogas. Il gas prodotto in tal modo può quindi essere utilizzato come combustibile per le fasi di riscaldamento richieste dai vari processi illustrati.
Alcune considerazioni finali sulla produzione di idrogeno
Attualmente, né l'idrogeno rinnovabile né l'idrogeno di origine fossile con cattura del carbonio sono competitivi in ​​termini di costi rispetto all'idrogeno di origine fossile. I costi sono tuttavia in calo grazie anche agli aumenti della produzione. Ad esempio, nel corso degli ultimi dieci anni, i costi degli elettrolizzatori sono già calati del 60%, con un trend che ne prevede un ulteriore dimezzamento da qui al 2030.
L'idrogeno si può recuperare anche come scarto di altri processi industriali, tipo nella produzione di ammoniaca o di fertilizzanti, ma la strada per averne una reale convenienza è al momento più allo studio che praticata.
Sempre allo stadio di ricerca si ha allo studio la produzione di idrogeno per fotolisi direttamente dall’energia solare e con altri processi in esame nel laboratori grazie anche ai consistenti investimenti pubblici e privati che si stanno concentrando nel settore. Ma la produzione di idrogeno non è l'unico punto sul quale si stanno indirizzando le ricerce: le celle a combustibile, i materiali compositi per le strutture tipo serbatoi, metanodotti, valvole di smistamento costituiscono alcuni dei fronti sui quali si dovrà intervenire per favorire la nostra era dal petrolio all'idrogeno. Un tema che sarà oggetto di un prossimo post.
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