Il Crowdfunding per prepararsi al dopo-Corona-Virus
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Tra i convegni di apertura della nuova edizione dello SMAU di Milano, una nota significativa è stata offerta dal prof. Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge, ponte per l'innovazione e nuove imprese tra l'Italia e la California, ma non solo.
Celebrare l'Open Innovation come fenomeno da incentivare e perseguire penso sia molto pericoloso: oltre un anno fa, scrivevo in questo stesso blog che "considero l'Open Innovation come un modo molto vantaggioso per le aziende di spostare i rischi di ricerca e innovazione all'esterno dei propri confini, sfruttando cinicamente l'entusiasmo di giovani intraprendenti alle prese con le difficoltà di trovare posti di lavoro dignitosi".... Per di più, aggiungevo che "dietro l'Open Innovation e il mondo delle start up, "è nata un'articolata filiera industriale pronta a spartirsi ogni possibile successo a fronte di investimenti risibili...".
Questo per evidenziarne i rischi e gli aspetti negativi. Considerandone gli aspetti positivi emergono invece le opportunità di innescare nuove idee in ambienti consolidati per loro stessa natura piuttosto restii ai cambiamenti e, per di più, cogliere l'opportunità di contaminare in modo trasfersale le imprese con approcci multiculturali che possono consentire di approcciare i problemi in modo diversi, aprendo fronti altrimenti difficilmente immaginabili. Così, il settore è andato avanti e il prof. Onetti a SMAU ne ha tracciato con dovizia. di particolari l'evoluzione attuale di questo fenomeno, cercando anche di darne una rappesentazione quantitativa.
"A Mind the Bridge, mettendo a sistema sia l'esperienza di lavoro fatta con innovation leader a livello mondiale sia il patrimonio di dati che abbiamo raccolto ed analizzato organizzando dal 2016 i "Corporate Startup Stars Awards" con il supporto della Commissione Europea, abbiamo implementato una nostra metodologia esclusiva su oltre un centinaio di aziende italiane - di diversa dimensione e settore, - per verificare la loro "attitudine" all’Open Innovation." - è l'apertura del discorso del prof. Onetti. - "I risultati di questa analisi sono sintetizzati dalla Matrice di “Open Innovation Readiness”, che considera e pesa sia fattori di innovazione “interna” (strategia, organizzazione, processi, cultura) che “esterna" (azioni e risultati)."
La matrice evidenzia quindi 4 “tipologie” di approcci all'Open Innovation:
Le conclusioni del prof. Onetti indicano che: "Dall’analisi emerge chiaramente come le principali aziende italiane (tranne alcune limitate eccezioni) si distribuiscano nella parte sinistra della matrice: ciò significa una prevalenza di aziende che si sono appena affacciate al mondo delle startup oppure che hanno iniziato a organizzarsi per fare innovazione in modo più strutturato. Confrontando l’Indice di “Open Innovation Readiness” (l’indicatore sintetico che viene generato dalla media delle valutazioni dei fattori “Internal" ed “External”) le aziende Top 12 italiane riportano uno score medio di 2.7 contro il 4.3 registrato dalle Top 12 europee. Divario che aumenta ulteriormente se si estende il confronto alle Top 36 (2.0 contro 3.8). I dati italiani fotografano la situazione di un sistema industriale che si è appena affacciato all’Open Innovation e alla collaborazione con le startup. Mi attendo tuttavia che, nei prossimi anni, un numero crescente di imprese possa spostarsi sulla matrice verso l'alto e a destra . Affinchè questo avvenga le imprese devono dotarsi di strategie e strutture dedicate e soprattutto adottare un approccio di scouting su scala internazionale. Difatti l’ecosistema italiano delle startup è ancora troppo poco maturo per poter soddisfare i bisogni di innovazione delle nostre imprese che, di necessità, devono guardare al resto d’Europa, agli Stati Uniti e a Israele."