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Smart Working: ascolto e gestione del team le priorità del capo

Il Covid ha impresso una vigorosa accelerazione al lavoro da remoto. Ma ora che imprese e lavoratori hanno imparato ad apprezzarne i vantaggi, bisogna gestirlo al meglio in abbinamento al lavoro in ufficio cominciando dalle capacità di ascolto e di gestione dei Team

Con una locuzione totalmente impropria, il lavoro da remoto è stato chiamato nel nostro Paese Smart Working quasi che si volesse contrapporre al lavoro svolto in ufficio che in questo caso non potrebbe che essere etichettato "Silly Working"!

Ad ogni modo, passando dal faceto al serio, è bene sottolineare che di lavoro da remoto si parla ormai da anni, con numerose multinazionali che lo hanno già adottato in pianta stabile, riducendo così considerevolmente le dimensioni delle proprie sedi, mentre è divenuto pressoché una regola anche per le medie e piccole imprese nazionali per gestire gli agenti di commercio dislocati sul territorio.

Inutile elencare i benefici di questa evoluzione che non solo assicura un miglioramento nella qualità della vita di chi può praticarlo, ma anche positivi effetti sul piano sociale riducendo, tra le altre cose, il traffico e i consumi energetici.

I problemi principali sono tuttavia di carattere organizzativo e contrattualistico dal momento che le imprese debbono modificare i propri criteri di gestione del personale, per non perdere in produttività, ma anzi guadagnarne così come dimostrato da un gran numero di aziende e nel contempo ridefinire gli orari di lavoro, l'uso e la proprietà delle attrezzature, spesso usate in modo promiscuo per attività aziendali e personali, nonché l'esistenza di servizi quali le linee di comunicazione, i buoni pasto e così via dicendo. Tutti temi importanti, che però non indendo affrontare in questo post, concentrandomi invece su due aspetti talvolta trascurati: come cambia il ruolo del "capo" e come salvaguardare le relazioni personali e l'integrità del gruppo destinato a trasformarsi molto spesso in unità virtuale.   

Napalm51In particolare, così come evidenziato con felice ironia da Maurizio Crozza con il suo esilarante personaggio Napalm15, il rischio di rimanere sempre isolati davanti al proprio computer è connesso alla perdita di socialità con effetti negativi su almeno tre fronti: l'individuo è indotto ad accrescere la propria intolleranza, la propria aggressività e a ridurre le proprie capacità di confrontarsi e accettare gli altri.

La progressiva trasformazione di persone tolleranti e ragionevoli in leoni da tastiera è in grado di minare i rapporti di lavoro, ma anche l'equilibrio stesso delle persone che si trovano relegate in casa per troppa parte della propria vita.

Una buona gestione del lavoro remoto non può prescindere dalla necessità di mantenere in buona salute mentale i propri collaboratori, favorendone le interazioni, la crescita della stima reciproca e quindi la volontà e la capacità di collaborare con gli altri. Fattori sui quali il capo del team può agire positivamente operando prima di tutto su due leve: la capacità di ascolto e la gestione del gruppo.

La capacità di ascolto, fondamentale per comunicare

Per fare una citazione edotta, attribuita da alcuni a Zenone di Cizio, filosofo greco antico considerato il fondatore dello stoicismo e vissuto tra il 334 a.C. e il 263 a.C., da altri a Epitteto, anche lui filosofo greco antico esponente dello stoicismo di epoca romana e vissuto tra il 50 d.C. e il 138 d.C., ma poi ripresa da molti altri anche nei tempi attuali, "Dio ci ha dato due orecchie, ma solo una bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà". Cosa che pone l'ascolto alla base della comunicazione, con la necessità che l'ascolto sia effettivo e non la pausa tra un proprio intervento e quello successivo. E' infatti solo ascoltando, il detto e anche il non detto che ci si mette in grado di stabilire un positivo rapporto con gli altri, percepirne le idee, i bisogni, i desideri per poi gettare le basi per creare relazioni positive e costruttive.

Per fortuna, le tecnologie attuali consentono di comunicare tra individui non solo epistolarmente o via telefono, ma anche in chat e videoconferenze, mezzi che tuttavia non stabiliscono un vero contatto fisico come scambiarsi occhiate, tocchi di spalla o altri gesti che avvicinano le persone, anche solo prendendo un caffé assieme e superando le barriere dei contatti formali. Ciascuno deve avere la percezione di essere ascoltato e apprezzato per ciò che dice, anche quando si esprimono opinioni diverseper cui il capo del team - e non solo - deve imparare ad ascoltare, dando ai propri interlocutori l'evidenza che li si sta ascoltando, utilizzando anche l'intelligenza emotiva. Cosa per la quale si possono migliorare considerevolmente le proprie capacità.

Un buon ascolto richiede apertura mentale e accettazione del punto di vista degli altri

Per ascoltare gli altri in modo effettivo occorre istituire dei momenti di confronto aperto, non necessariamente guidati da un ordine del giorno e scevri da pregiudizi. Molto spesso, in azienda, si organizzano riunioni che in tempi tiratissimi debbono pervenire a decisioni concrete. Per questo si innescano due meccanismi entrambi controproducenti sul fronte dell'ascolto vero. Il primo è partire sin dall'inizio con scelte preordinate che impediscono di accogliere tesi e punti di vista diversi dal proprio. Il secondo è intervenire con una spiccata dose di protagonismo, recitando anziché illustrando le proprie posizioni cercando più l'applauso che il consenso o la mediazione, forti anche della propria posizione autorevole all'interno del gruppo.

In buona sostanza, vuol dire ascoltare puntando a capire il punto di vista dell’altro, ad accoglierlo ed eventtualmente confutarlo con argomenti coerenti con quanto percepito dal nostro interlocutore, evitando di procedere su binari preordinati e paralleli. L'obiettivo dell'ascolto è la comprensione, non il confronto, la competizione puntando sempre sulla affermazione delle proprie idee, sulla soddisfazione dei propri bisogni. Considerare il tempo nel quale sta parlando il nostro interlocutore come l'attesa del proprio turno di parlare è una delle cose più deleterie che si possono fare nei riguardi dell'ascolto e del rispetto di chi sta parlando.

Per contro, occorre dare segnali positivi di riscontro all'ascolto tipo il guardare negli occhi l'interlocutore, porgli domande di approfondimento, utilizzare le sue argomentazioni come puunto di partenza delle proprie repliche.

Un errore comune nel dare riscontro positivo a ciò che si sta ascoltando è utilizzare il "no" come intercalare delle frasi, delle argomentazioni. Una cosa semplice che bisognerebbe fare da subito è sostituire il "no" con un bel "sì" passando dalla negatività alla positività dei riscontri. Il "sì" va quindi usato sia quando si parla, sia e soprattutto quando si ascolta, frapponendolo tra le paure del nostro interlocutore, non necessariamente come approvazione, ma quasi che fosse un "ricevuto" della comunicazione.

Un secondo riscontro positivo è prendere appunti mentre si ascolta. Appunti costituiti anche solo da parole, simboli, disegnini, ma che servono a ricordare quanto ascoltato ed eventualmente utilizzarne i contenuti nelle successive repliche. 

Il buon ascolto chiede anche concentrazione, evitando distrazioni, ma ancor di più di dare l'impressione di essere altrove mentre sta parlando il nostro interlocutore. Ad esempio, consultare lo schermo del computer o il telefonino per verificare l'arrivo di nuovi messaggi, o ancora peggio, rispondere agli stessi messaggi o a delle chiamate compromette in modo pressoché irreparabile non solo l'ascolto, ma la motivazione dell'interlocutore a cercare un positivo contatto con noi.

Lo spazio è importante: una situazione confortevole e riservata esalterà immediatamente l'importanza della conversazione, gratificando l'interlocutore per il tempo che ci sta dedicando. Per la stessa ragione, se la conversazione avviene attraverso videoconferenze, lasciare lo schermo pieno dimostra all'interlocutore di esser dedicati al suo ascolto, senza condurre altre azioni in parallelo.

Se la conversazione verte su argomenti personali del proprio collaboratore diventa fondamentale immedesimarsi nella sua posizione percependo anche il non detto andando oltre le sole espressioni verbali. Questo vuol dire porsi in una posizione di supporto, quasi in contrapposizione a quella di comando, facendo proprie le preoccupazioni dei collaboratori assumendone quasi il ruolo di genitore o di consigliere anziano.

Di fronte ad affermazioni quali "non si può fare", contrapporsi tentando di convincere del contrario è fallimentare. Il percorso positivo è invece individuare le motivazioni che inducono l'interlocutore a credere che quanto ipotizzato non si possa fare, provare a ridurne l'impatto e puntare l'attenzione sui vantaggi che si otterebbero riuscendo a superare gli ostacoli citati e raggiungere gli obiettivi perseguiti.

Nell'ascolto occorre valutare sempre l'energia che mette il nostro interlocutore nell'illustrare le proprie posizioni nonché le emozioni che sta vivendo e trasmettendo. In loro assenza, il primo a non credere nelle proprie affermazioni sarà proprio chi le sta formulando e quindi risulteranno molto più semplici da controbattere. La passione che permea gli interventi nelle discussioni esprime anche la forza dei convincimenti che non va cosiderata in modo negativo, ma come un positivo propulsore al fare. L'ascolto deve quindi comprendere anche le emozioni e l'energia che contribuiscono a formare la comprensione dei diversi punti di vista. 

Parlare poco, meditare molto

L'ascolto è la base per costruire il consenso, per comprendere e quindi esporre le proprie posizioni. Per tale ragione, una regola importante è il rapporto 3-1: ascoltare tre volte più di quanto si parli. E nel corso dell'ascolto è fondamentale porre domande per approfondire la comprensione, per valutare le idee e le proposte. Le domande ben mirate possono anche trasformarsi in stimoli a riconsiderare alcune affermazioni, a modificare posizioni apparentemente consolidate e inamovibili.

E' importante che le domande siano sempre orientate in modo positivo, senza incutere timore o mancanza di rispetto. In tal modo vengono accolte favorevolmente e contribuiscono al miglioramento della comprensione reciproca. Domande aperte del tipo "da dove traggono origine le sue affermazioni" oppure, "come pensa di attuare ciò che sta dicendo" o "quali conseguenze se ne aspetta" non solo confermano all'interlocutore che lo si sta ascoltando con interesse, ma lo invitano ad approfondire e specificare meglio il suo pensiero. Una sincera curiosità dovrebbe alimentare queste domande, con l'obiettivo costante di comprendere fino in fondo le parole e le posizioni di chi sta parlando, incentivandolo a sentirsi libero di dire ciò che pensa davvero.

Anche ripetere parafrasando quanto detto dalle altre persone proprio all'inizio delle proprie risposte non solo conferma nell'interlocutore la sensazione di esser stato ascoltato, ma rende quanto verrà replicato ancor più accettabile e quindi più facilmente condivisibile.

Una raccomandazione importante è evitare di passare troppo rapidamente alle conclusioni - non tutti hanno la propria velocità di pensiero - o di iniziare il proprio intervento esprimendo dei giudizi. Questi ultimi potranno esser lasciati da parte, lasciandoli eventualmente intendere, senza affermarli con forza impedendo in tal modo di creare la cruciale empatia che serve per facilitare le interazioni tra persone.

La capacità di ascoltare non è tuttavia innata in tutti. Se si vuole crescere sia sul piano umano che manageriale, ccorre svilupparla, affinarla, praticarla con costanza. A tal fine si possono fare degli esercizi, così come si può praticare la meditazione che aiuta anche a renderci più positivamente predisposti verso gli altri. 

La meditazione, infatti, contribuisce a calmare la mente, a controllare le proprie reazioni, ad essere più riflessivi. Interrompere gli altri quando stanno parlando, sebbene sia una tecnica molto diffusa - e persino insegnata - tra chi fa politica con lo scopo di far perdere il filo del discorso e la calma al proprio interlocutore, non è né indice di buona educazione, né di buon ascolto. La meditazione, tra le altre cose, contribuisce a disciplinare le proprie reazioni e quindi ad essere maggiormente assertivi, concentrandosi sull'essenza di quanto si sta ascoltando e non alle forme espressive che vengono utilizzate. In tal modo, si sarà in grado di capire il vero senso delle parole ascoltate e di consegueza di reagire in modo migliore.

Vari studi hanno rilevato che in generale, durante una conversazione siamo in grado di registrare solo il 25% di quanto ascoltiamo. Un valore estremamente basso che può essere incrementato, per esempio, prendendo appunti mentre si ascolta, oppure creandosi delle rappresentazioni figurative o delle associazioni di idee con quanto viene espresso dall'interlocutore. Cosa che si può esercitare anche ascoltando dei discorsi trasmessi in televisione o registrati su Youtube, non solo prendendone delle note, ma tentando di farne una sintesi estrema, così da andare alla sostanza del discorso, e magari provando a formulare le domande che si sarebbero poste ne caso ci si fosse trovati davanti al relatore.

Ultima modifica ilVenerdì, 28 Ottobre 2022 09:25

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